La follia di don Chisciotte e la critica alla società

Secondo appuntamento per gli inviti alla lettura.

Oggi parliamo di un'altra opera storica, ma a differenza del protagonista di Beowulf questa volta si tratta di un guerriero folle, un visionario: Don Chisciotte della mancia, protagonista del romanzo di Miguel de Cervantes. Vedremo come l'autore utilizza questa follia per criticare la società del suo tempo da cui sentiva di essere stato abbandonato.

Il grande Samuel Johnson lo ha nominato come uno dei tre libri da lui letti che avrebbe voluto fossero più lunghi. Si tratta di un capolavoro della letteratura mondiale, uno dei libri più venduti della storia. Distribuito in appena 1200 copie in quattrocento anni ha raggiunto le 500 milioni di copie vendute. Il primo esemplare del romanzo tradotto in inglese è stato rivenduto all'asta per un milione e mezzo di dollari. Di recente ha raggiunto il primo posto al concorso indetto dall'Nobel Prize Institute come migliore opera di fiction del mondo.

Pubblicato per la prima volta nel 1605, in italia arrivò nel lontano 1622.


Oggi molte persone hanno familiarità con la riproduzione del protagonista fatta da Picasso con il nostro don Chisciotte alto e magro e il suo compagno Sancho Panza basso e grasso, è in questo modo che viene solitamente rappresentato. In realtà Cervantes non ha mai descritto Sancho Panza ma lo caratterizza solo con delle gambe molto lunghe. 

Il motto di don Chisciotte è "sognare il sogno impossibile" e questa sua follia è stata rappresentata in centinaia di modi: ci sono canzoni come quella di Guccini, opere teatrali, opere liriche, decine di film e serie tv raccontano le eroiche gesta del nostro cavaliere errante e del suo fido scudiero. Forse per questo motivo molti sostengono di aver letto il libro senza mai avere aperto le sue pagine, spesso l'impressione che si ha è proprio quella di conoscere talmente bene il protagonista e le sue avventure da non sentire il bisogno di leggere il romanzo. Viene considerato il primo romanzo moderno e deve essere letto anche se ha più di quattrocento anni, con una buona traduzione tra le mani è un titolo che ringiovanisce parecchio e può essere letto con comodo.



Ci sono molti modi per descrivere questa lunga novella divisa in due parti. Carlos Fuentes sostiene che il sottotitolo adatto potrebbe essere elogio alla follia; Terry Castle suggerisce passeggiate stupide. Lo citano Milan Kundera e Octavio Paz per il sarcasmo ed è un libro che ispira allusioni ad Erasmo e rispetto da uno come Monty Pyton. Dostoevskij lo elogia più volte e afferma che :"In tutto il mondo non c'è opera di finzione più profonda e forte di essa. finora rappresenta la suprema e massima espressione di pensiero umano, la più amara ironia che possa formulare l'uomo." Borges scrisse pagine meravigliose su Chisciotte e Kafka ha scritto un piccolo racconto La verità su Sancho Panza chiaramente ispirato al romanzo.

Guidò le intenzioni dell'autore una critica satirica e pungente dell'aristocrazia spagnola del suo tempo, ancora legata ad antichi ideali cavallereschi e inadatta ai tempi moderni che stavano sopraggiungendo. Un'aristocrazia che come il protagonista non è in grado di distinguere la realtà dalla finzione. Si tratta di una configurazione letteraria di due generi sovrapposti: il poema cavalleresco e la satira. Uno scherzo di genere nuovo per l'epoca.



Ci sono questi due compagni, un poetico cavaliere sgangherato di nome Alonso Chisciano sul suo ronzino Roncinante e il suo scudiero Sancho Panza a cavallo di un asino. Il vecchio don, impazzito a forza di leggere libri sulla cavalleria, inizia a vedere sé stesso come un eroe di dimensioni epiche e si sente in diritto di aggirarsi lancia alla mano per raddrizzare le ingiustizie che immagina di vedere. Tutto fatto per l'onore di Dulcinea, una ragazza di paese, prostituta ad ore in una locanda che nella testa del don diventa una raffinata principessa. Seguono una serie di avventure e disavventure. Liberano degli schiavi, vengono inseguiti da un branco di maiali, vengono presi a pugni da una capraia in quella che è una divertente e assurda “enciclopedia di crudelta”, come la chiama Nabokov.

Il libro racconta delle follie del protagonista, ostinato abitante di un mondo immaginario contrapposto alla razionalità rappresentata dallo scudiero Sancho. Questa costante contrapposizione crea corrispondenze  che obbligano il lettore a  re-interpretare continuamente la realtà presentata dal libro e portano incertezza. Don Chisciotte ci da continuamente la sua interpretazione della realtà ma non c'è nessuna affidabilità. Ci sono molti modi diversi di interpretare i nostri personaggi e le loro avventure e forse questo è proprio il bello di un'opera simile. L'autore ci mostra quello che secondo lui è il problema di fondo dell'esistenza: la delusione che l'uomo subisce a causa della realtà, che annulla l'immaginazione e la fantasia e che annienta i progetti di vita con cui ci identifichiamo.



Le disavventure e gli scherzi subiti dai due accompagnano una festa di superbe tecniche letterarie: in 126 capitoli si raccontano parodie di storie d'amore che si interpolano a racconti di vita vissuta, il comico e la tragedia giostrano (senza vincitori), poetica e madrigale si interlacciano nella prosa e la saggezza filosofica diventano una farsa. Abbondano riferimenti all'Eneide e alla Bibbia, discussioni di etimologia e teorie di linguistica fanno capolino tra le pagine. Non dimentichiamo che l'autore sostiene che questo lavoro sia una traduzione da un manoscritto in arabo appartenente ad un nobiluomo musulmano.

Cervantes, un uomo senza alcuna educazione formale, ha combattuto nelle guerre contro i turchi e nella battaglia di Lepanto, fu catturato dai pirati barbari e servì come schiavo in Algeri dove venne imprigionato dai corsari barbareschi con il fratello Rodrigo e passò del tempo in prigione a causa di un'accusa di peculato. Proprio qui, nel carcere di Siviglia , iniziò a scrivere il libro. La composizione del secondo libro iniziò quando venne pubblicato nel 1614 un don Chisciotte apocrifo, un falso, opera non composta da Cervantez che lo indigò al punto da spingerlo a comporre il seguito. Morì il 23 aprile del 1616, lo stesso giorno di William Shakespeare, uno dei suoi pochi eguali. Visse sempre in condizioni di precarietà economica, incapace di muovere una mano a causa della guerra, proprio per questo motivo si sentirà abbandonato dalla società del suo tempo che non teneva in alcuna considerazione i reduci di guerra.

Di follia nei libri fantasy e horror tanto si parla, questa volta abbiamo visto come la follia del personaggio è usata dall'autore come critica sociale e molto probabilmente in futuri post affronteremo l'argomento anche sotto altri punti di vista, per ora vi consiglio la lettura di Un fiore per algernon, altro libro di critica sociale, o le novelle del maestro King che spesso vedono il protagonista uscire di senno nei peggiori modi possibili.

Alla prossima, buona lettura.

Alice Tonini

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