Ciò che è morto è morto: tra scienza, leggende urbane e credenze. Come si definisce la morte nella storia e nel folklore

Inauguriamo oggi un nuovo spazio dedicato agli amanti del misterioso mondo dell'horror, la rubrica “Inchiostro nero fumo” dove parleremo di temi legati al mondo dell'horror dal punto di vista storico e popolare. Sono articoli che non intendono avere nessun valore morale, religioso o spirituale, né intendono turbare alcuno, si tratta di semplici curiosità, di miti e leggende che ci racconteranno come è cambiata la visione e la percezione della morte nel tempo.



Il tema di questo primo articolo è la morte, ovvero come è stata definita la morte nella storia? Quali metodi venivano utilizzati per capire se qualcuno era davvero morto ed è mai capitato che qualche persona avesse finito per essere sepolta viva nonostante queste tecniche più o meno ingegnose? Tra miti, storia e leggenda vediamo cosa si può trovare curiosando tra le fonti.


Oggi al momento della morte viene rilasciato un certificato di morte, un documento dal valore internazionale che serve per regolare i rapporti tra i privati e la pubblica amministrazione. In pratica serve per poter disporre del corpo del defunto, avere eventuali risarcimenti assicurativi e godere di benefici ereditari. Questo è il modo con cui si certifica la dipartita di una persona cara ma la storia insegna che anche in tempi recenti è capitata la tumulazione di persone che in realtà non erano affatto morte, anzi. Questo ci dice che se qualcuno non respira o non si muove non è automaticamente morto.

Ad esempio la signora Margaret Halcrow Erskine che ebbe salva la vita grazie ai tombaroli. Siamo nella Scozia del 1674 e la signora che sembrava morta venne tumulata dal sagrestano in una tomba poco profonda per permettergli di tornare nella notte e di portarsi via i gioielli della defunta. Mentre stava tentando di tagliare via il dito della signora per prendere l'anello, ella si risveglia improvvisamente, causando la fuga precipitosa del criminale. La storia ci dice che la signora ebbe poi una vita lunga e felice, del nostro sagrestano-ladro non si seppe più nulla.


Una rappresentazione di quanto accadde alla signora Margaret. All'epoca il fatto fu celebre. 

E ancora. Nel tardo 1500 in Inghilterra Matthew Wall venne creduto morto finché durante il suo funerale i becchini non fecero cadere la bara causando il suo risveglio. Nella Scozia dei primi anni del 1600 Marjorie Elphinestone fu creduta morta finché non si risvegliò durante un tentativo di furto. Il ladro riuscì a fuggire e lei quella notte se ne tornò a casa a piedi.

Ancora nel 1860 si racconta che un passante sentì dei colpi provenire dalla bara di tale Philomele Janetre. Avvisato il custode del cimitero la bara venne aperta e tra lo stupore generale gli occhi dell'uomo si mossero. Il signor Philomele morì il giorno successivo, sul serio stavolta.

Sempre a metà del 1800 da Londra ci arriva la storia, che sembra più una leggenda urbana, di un medico che stava per effettuare un autopsia su di un uomo-cadavere. Al primo taglio l'uomo-cadavere si rianima, afferra il medico alla gola e lo fa morire causandogli di un colpo apoplettico. L'uomo- cadavere invece visse ancora a lungo. Si narra anche, a Londra, che nei primi anni del 1900 una giovane ragazza venne lasciata nella bara aperta per 36 ore, finché un parente medico si accorse che sembrava ancora in vita e intervenne per salvarla.


La storia di Margorie diffusa nel 1705 è in tutto simile a quella di Margaret. In questo caso si pensa sia una leggenda urbana d'epoca.


Gli esperti danno spiegazioni diverse agli errori che si possono commettere nelle dichiarazioni di morte, nei casi delle tumulazioni premature. La scienza parla di thanatomimesis o morte apparente, di trance, di overdose da narcotici, di concussione (intesa come produzione di falsi documenti), di sincope o svenimento, di asfissia o mancanza di ossigeno, di intossicazione.

Nel 1884 un medico britannico sul giornale Lancet offrì una spiegazione meno scientifica e più umana dell'errore: ”Possono essere incolpate per la tumulazione prematura di persone non proprio morte la fretta e la mancanza di cura”. Nel 1995 nel libro Death to Dust: what happens to dead bodies? l'autore sostiene che quanto detto sul Lancet nel 1800 sono parole che “suonano ancora vere oggi”, un pensiero terribile per chi è ancora in vita. Per tranquillizzarvi però ci tengo a precisare che gli errori oggi sono molto rari.


Un vecchio numero del Lancet, rivista medica fondata nel 1832 e pubblicata ancora oggi.

Il Viele memorial a West Point in Us è dove Egbert Ludovicus Viele ha fatto costruire il memoriale per lui e la moglie. Si dice che l'uomo fosse terrorizzato all'idea di essere sepolto vivo e quindi collegò un campanello dall'interno della bara fino alla casa del custode del camposanto in modo che se si fosse risvegliato avrebbe ricevuto soccorso. Quando morì nel 1902 il suo corpo venne posto in un sarcofago di pietra e portato nel memoriale. C'è da dire che il campanello da allora non suonò mai, anche se capitò un paio di volte che il custode di notte scambiasse il suono del telefono per quello del campanello spaventandosi non poco. Oggi il campanello non è più connesso.


Ecco il Viele memorial, mausoleo dalle forme originali, come era originale anche il proprietario. 

Nel tempo l'uomo in ogni cultura ha sviluppato rituali e “attrezzi” per evitare una sepoltura prematura. I popoli antichi attendevano i segni della decomposizione prima di sotterrare o cremare il cadavere. I romani chiamavano ad alta voce il nome del defunto tre volte prima di metterlo sulla pira funeraria. Gli antichi ebrei mettevano i corpi in caverne aperte che venivano controllate regolarmente. In epoca vittoriana si infilavano spilli sotto le unghie del morto. Negli Us nel 1700 una donna arrivò ad istruire il proprio medico di infilarle un lungo ago nel cuore prima di seppellirla e un uomo chiese di segare via la testa o togliere il cuore per evitare un suo eventuale ritorno. In Inghilterra nel 1896 venne istituita “l'associazione per la prevenzione della sepoltura prematura” che pretendeva l'esecuzione di test scientifici sul presunto cadavere prima della tumulazione.

Nel cimitero episcopale di St. Helena in Beaufort, South Carolina negli Us c'è un'antica tomba in mattoni risalente all'epoca della schiavitù e delle coltivazioni di cotone contenente i resti del dottor Perry che si racconta chiese di essere seppellito con pane, vino e un'ascia. I suoi schiavi gli costruirono una tomba ad arco per permettergli in caso di risveglio di poter usare l'ascia per uscire. Ad oggi però è tutto ancora dove era stato lasciato all'epoca e l'ascia non è mai stata usata. Quindi era morto sul serio.


Una immagine della tomba del dottor Perry come si presenta oggi. 

Parliamo ora di invenzioni. Nel 1843 tale Christian Eisembrandt di Baltimora Us, ottenne il brevetto per una bara attrezzata con coperchio rimovibile dall'interno in caso di risveglio dell'occupante, l'invenzione non ebbe molto successo perché funzionava solo se la bara era posta fuori dal terreno.


In Belgio il conte Karnice-Karnicki inventò una bara con un tubo che arrivava in superficie munito di bandiera, campanello e una lampada attaccata alla fine del tubo che avrebbe dovuto essere attivata da eventuali movimenti del corpo all'interno.


Qui vi ho messo un paio di immagini ad esempio di bare attrezzate per un eventuale risveglio. Vanilla Magazine ha pubblicato un interessante articolo a riguardo. 

Sempre in tema di campanelli, in Germania nei primi anni del 1900 c'erano i “mortuari di attesa” o Wartende Leichenhallen, dove i corpi erano conservati su delle lastre di marmo fino ai primi segni di decadimento, unico segno sicuro di morte. I corpi erano ricoperti di fiori portati da parenti e amici e alle dita erano legati dei campanelli che suonavano in caso di movimenti del cadavere. All'aumentare dei gas da putrefazione il corpo si muoveva e i campanelli suonavano spesso costringendo i guardiani a continui e inquietanti controlli, soprattutto di notte quando i mortuari erano chiusi e deserti. Raramente vennero ritrovate persone vive ma i giornali dell'epoca riportarono il caso di un bambino di cinque anni ritrovato a giocare con le rose bianche che gli avevano posato in testa.

Oggi possiamo affidarci alla scienza in sicurezza. Sappiamo che la morte è un processo complesso. Dopo lo stop del cuore, ancora per tre ore le pupille possono rispondere ad alcuni stimoli luminosi. Dopo 24 ore la pelle può ancora essere usata per innesti e dopo 48 sono le ossa che possono essere ancora buone.

La storia ci riporta i diversi metodi utilizzati anche dai medici per determinare la morte, i più classici erano gli specchi e le piume accostate al naso per vedere il respiro. Nell'opera Re Lear è Shakespeare che ci parla dell'uso dello specchio diffuso tra i medici già ai suoi tempi.


Nell'America coloniale le persone determinavano la morte con il tocco della fiamma di una candela sulla punta di uno degli alluci. Emergeva una vescica. Se il corpo era di un morto la vescica sarebbe stata piena di aria e sarebbe bruciata, se l'alluce era di un vivo la vescica non sarebbe bruciata. In Inghilterra nel 1817 gli stessi consigli si possono trovare in un "utile" manuale scientifico dedicato all'argomento.

Oggi determinare vita o morte è più complicato. La moderna tecnologia ci ha fornito strumenti in grado di far rivivere le persone. Negli ospedali ci sono macchine che fanno battere il cuore e circolare il sangue anche di chi non ha più funzioni cerebrali.

La morte dai medici moderni viene definita in modo diverso rispetto al passato. La definizione più accettata oggi è “morte cerebrale” che significa una perdita completa delle funzioni della neocorteccia e del tronco encefalico.



Nel libro Death to dust il dottor Kenneth Iserson elenca i passi per stabilire una perdita di irreversibile delle funzioni del tronco encefalico.

1) Determinare le cause del coma, 2) decidere che il danno strutturale è irreversibile 3) eliminare tutte le cause reversibili come droga, freddo o intossicazione e 4) dimostrare l'assenza di riflessi nella neocorteccia.

Per terminare l'articolo un'ultima riflessione sul perché della morte. Le risposte che ci siamo dati sono molte.

Ci possono essere motivi biologici e fisiologici. Nel libro How we die viene descritto il processo in modo particolareggiato. Ma ci sono anche leggende e miti che riguardano la morte passati di generazione in generazione.

Un mito zulu dice che dio mandò un camaleonte a dire agli uomini che la vita era eterna. Il camaleonte si distrasse per strada e il dio mandò una lucertola che portò agli uomini la notizia della morte e poi ritornò dal dio. Quando il camaleonte arrivò ormai era tardi e non poteva più essere fatto niente.


Ecco qui il nostro leone che striscia a terra, come è chiamato il camaleonte in lingua zulu. 

I navajo raccontano che venne chiesto al coyote di decidere tra la vita eterna e la morte e lui lanciò una pietra nell'acqua. Se avesse galleggiato sarebbero vissuti per sempre altrimenti sarebbero morti. La pietra andò ovviamente a fondo e gli uomini si arrabbiarono. Il coyote parlò loro dicendo che non potevano vivere tutti in eterno altrimenti in breve non ci sarebbe più stato posto per i raccolti e sarebbero tutti morti di fame, era meglio lasciare il posto ai bambini.



Terminiamo questo particolare e lungo articolo con una riflessione del Buddha che insegna che nulla è permanente.

”Il mondo è un fenomeno transitorio. Noi tutti apparteniamo al mondo del tempo. Ogni parola scritta, ogni pietra scolpita, dipinto o civiltà, ogni generazione di uomini svanisce, come le foglie e i fiori delle estati passate. Ciò che esiste è cambiamento, ciò che non è cambiamento non esiste.”

E con questo vi lascio, come al solito vi auguro una buona lettura e alla prossima con un altro invito alla lettura.

Alice Tonini

Commenti

  1. Alice scusa!!!! Ho visto solo ora questo testo! Interessantissimo! Io sono proprio una di quelle terrorizzata dall'idea di svegliarmi in una gara. Quando sarò morta vorrei che qualche anima pia mi " uccidesse" per bene. Proprio una bella lettura comunque.

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