Viaggiate con me nelle terre dei mostri che si trovano dentro e fuori di noi.

 Ripartiamo con il nostro viaggio nei sottogeneri dell'horror.


Oggi faremo una breve tappa tra i mostri che sono diventati immancabili sul grande schermo grazie alla tecnologia e ci incamminiamo nell'intricata foresta dell'horror psicologico.

Come dicevo prima grazie alle tecnologie a disposizione oggi, ad esempio il green screen o  sfondo verde usato nelle fasi di produzione, la Cgi o computer generated imagery utilizzata insieme alla motion capture e altre tecniche simili, è diventato possibile creare quasi ogni tipo di essere dentato e multi tentacolato a patto che il budget sia abbastanza sostanzioso da consentirlo. 


Un buon budget può permettere di animare creature con un aspetto eccellente come Monster Man (Davis, 2003), la trilogia di The Feast (Gulager, 2005- 2008; Adam, 2009) e Cloverfield (Matt Reeves, 2008) che hanno richiesto parecchi fondi e molto lavoro in studio di produzione. Gli sforzi solitari di Gareth Edwards con Monsters (Edwards, 2010) hanno richiesto parecchio tempo e gli effetti Cgi hanno voluto mesi di intenso e duro lavoro. Da citare anche Un posto tranquillo (Krasinski, 2018) che aggiunge ai mostri un concepti originale. Una volta che avete uno studio adeguato potete anche permettervi di girare King-Kong (Jackson, 2005) o Prometheus (Scott, 2012) ma se vi mancano i fondi economici è meglio se concepite qualcosa che possa essere immaginato per la gran parte del film senza mai essere mostrato. O meglio ancora se il mostro è dentro il protagonista come negli horror psicologici, qui si che si risparmia.



L'horror psicologico è la porta che cigola, la bambola posseduta, la casa maledetta con graffi lungo i muri, le immagini evanescenti che si dissolvono nell'aria. E' l'improvviso suono di un telefono – un bello spavento. E' una faccenda tutta interna, che non lascia spazio al grottesco; invece c'è la nebbia, ci sono le ombre e c'è l'orrore che creiamo nella nostra immaginazione.

Qui abbiamo a che fare con il mistero, quelle zone d'ombra che risiedono dentro l'anima umana stessa e con le nostre fatiche per determinare la nostra natura. L'idea è quella di accedere alla nostra psiche, quella parte di noi stessi che troviamo nei sogni, negli incubi, nella pazzia, nelle visioni o nelle allucinazioni. Quasi tutti i thriller psicologici parlano della pazzia o dell'assenza di una coscienza umana. Questo richiede personaggi complessi, come il killer Robert Rusk in Frenzy (Hitchcock, 1972) o Carol Ledoux in Repulsione (Polanski, 1965). Questo genere di personaggi può creare molte difficoltà ai produttori. Come mostri quello che è sconosciuto? Dal cinema espressionista tedesco degli anni venti, agli horror asiatici degli anni duemila, la sfida è stata quella di trovare il modo di mostrare le parti piò contorte delle menti malate.


La domanda che si pone al pubblico di questo tipo di horror è cosa realmente si cela nella mente della persona per riuscire a risolvere il mistero e ristabilire l'equilibrio? 

Spesso la storia è frammentata di modo che il personaggio risulti paranoico e nessuno possa credere alla sua versione della storia, lo si mette nella situazione di dovere difendere la propria sanità mentale e dimostrare che non stà vedendo cose ma che c'è qualcosa all'esterno che maneggia la realtà. Non è in gioco la morte del protagonista ma la pazzia e la sanità mentale. Molte storie terminano con una camicia di forza e con il protagonista riportato a forza nella sua cella con gli altri ospiti del manicomio che lo salutano. Carrie (De Palma, 1976) fu un eccellente esempio di finale scioccante e pazzo e The Shining (Kubrick, 1980) rappresenta in modo eccellente la disintegrazione della sanità mentale. La morte di Jack è il risultato della sua incapacità ad adattarsi alle nuove condizioni esistenziali in cui si trova a vivere. Durante tutto il film cercherà di riportare l'ordine e l'equilibrio con ogni mezzo a sua disposizione, anche a costo di uccidere chi gli è caro.



Il conflitto principale in questi film è tra il conscio e l'inconscio, tra il controllo e il caos. Il pericolo è nascosto nelle profondità della mente umana dove ci sono paure, fobie e pulsioni nascoste. Il film Peeping Tom - L'occhio che uccide (Michael Powell, 1960) ne è un buon esempio. Questo tipo di film discute la natura stessa dell'uomo. Cosa diventiamo se veniamo privati della nostra comunità e obbligati a fare affidamento solo su noi stessi? La chiave per sopravvivere diventa la conoscenza di sé, è un viaggio alla scoperta della vera natura umana, nel bene e nel male. L'essenza del film è freudiana ma fa emergere figure genitoriali o parentali ovunque.

In molte storie di natura psicologica la paura peggiore è già avvenuta e il protagonista non ne è consapevole. Il mistero che si svela deve raggiungere un punto di catarsi e di massima tensione per raggiungere la risoluzione e la conoscenza di sé finale – ma allo stesso tempo questa conoscenza avviene sempre troppo tardi per i nostri personaggi. Alcuni esempi di film che hanno inscenato queste dinamiche in modo esperto sono (spoiler ovviamente) Carnival of Souls (Harvey, 1962), Il sesto senso (Shyamalan, 1999) Dead of Night - Incubi notturni (Cavalcanti,  1945) La casa degli orrori del dottor terrore (Francis, 1965) e il tardo film di John Carpenter The Ward - Il reparto (Carpenter, 2010). Queste storie hanno richiesto tutte di essere accuratamente preparate prima di essere messe in lavorazione per evitare che il pubblico anticipi il finale. Un'altro film che lo fa molto bene è Haute tension - Alta tensione (Aja, 2003), nonostante qualcuno lo trovi estremamente illogico in alcune scene "spinte".


L'eroe in una storia psicologica deve avere un forte obiettivo logico. Questo significa che alle spalle ci deve essere una forte sceneggiatura, spesso con idee estremamente interessanti e personaggi ben pensati. Una fotografia oscura con Roger Moore è quella di The Man who Haunted Himself - L'uomo che uccise sè stesso, (Dearden, 1970) è un meraviglioso esempio di un uomo in una situazione per lui incomprensibile, ed è uno dei ruoli meglio riusciti dell'attore di James Bond. Seguiamo un incidente d'auto, un uomo d'affari Harold Pelham è operato e muore sul tavolo operatorio. Quando è riportato in vita sullo schermo appaiono due battiti del cuore, e mentre torna alla sua vita di tutti i giorni capisce di avere un doppelganger. Di nuovo si ripete la storia di Jekyll e Hyde, l'uomo e il mostro, la natura duale della psiche.

L'horror psicologico esplora questo campo mentale, spesso dividendo a metà letterarmente quello che noi riteniamo buono e cattivo, le parti vengono fatte coesistere fuori dalla natura. Mostrate, a volte, come parti di uno stesso sè come nella storia di R.L.Stevenson che più volte è stata presentata sul grande schermo Fight Club (Fincher, 1999) dove due uomini combattono. Le donne possono trovare un alter ego in Haute Tension (Aja, 2003) e una molteplicità in Identity - Identità (Cooney,  2003).

Il vocabolario che usiamo quando parliamo di questi aspetti complessi e divergenti della nostra umanità ha le sue radici nella psicanalisi. Termini come repressione, bipolarismo, OCD, ADD, ossessione e disordine da personalità multipla ci sono diventati familiari ma sono anche termini di psicologia clinica. Noi abbiamo lentamente assimilato questo linguaggio dai giorni di Psycho (Hitchcock 1960).



Il termine serial killer è stato coniato dal profiler dell'FBI Robert Ressier durante una lettura pubblica del 1974, ma si dice che lui facesse riferimento agli omicidi seriali e non a chi li commette, senza riguardo alle azioni di John Wayne Gacy, Ted Bundy e Alleen Wuronos.  È stato il grande successo de Il silenzio degli innocenti (Demme, 1991) che ha popolarizzato il termine nostante in precedenza il film Henry: Portrait of a Serial Killer - Henry: pioggia di sangue (Mc Naughton, 1986) fosse più realistico e presentasse un esame della mente di un killer più efficace.


Psycho inizia come un thriller qualsiasi, con un furto di denaro e ci poniamo la domanda “riuscirà Marion a farla franca?” ma la questione centrale più tardi diventa “Come può Norman riuscire a tenere segreto il suo omicidio?” Abbiamo un effettto di cambio di generi m/f e protagonista. Hitchcock ripete il trucco in Frenzy (Hitchcock, 1972) dove Rusk, l'assassino, deve rompere le dita al corpo di una donna morta, in un camion pieno di patate, per recuperare la spilla con le sue iniziali che le è rimasta in mano. Hitchcock lavorò duro per rendere questa lunga scena drammatica e comica efficace, introduce il concetto di commedia nera per aiutarci a simpatizzare con il male perchè noi dobbiamo empatizzare con l'assassino. Oggi il concetto di antieroe è diventato comune e nelle commedie drammatiche noi siamo pronti ad accettare la convenzione del viaggi di redenzione di un personaggio negativo interpretato da Keitel, Travolta o Eastwood.

Prima che Psycho ci introducesse agli aspetti psicologici, i film erano thriller, polizieschi o storie di detectives. L'omicidio era motivato dal lusso, dalla vendetta o dall'invidia e il concetto dell'assassino che "uccide come parte di quello che lui è" semplicemente era sconosciuto.

Una possibile eccezione, anche se considerata principalmente un noir è l'opera di Fritz Lang M (Lang, 1931) dove il bambino omicida interpretato da Peter Lorre presenta il caso di questa compulsione a una corte locale. E' interessante notare che è centrale il concetto di coinvolgere un ladro per catturare un ladro come accade in Il silenzio degli innocenti che è un mix tra il thriller e l'horror.

Per oggi vi lascio, spero che il viaggio vi sia piaciuto anche se non finisce qui, abbiamo ancora qualche sottogenere da esplorare. 

Buona lettura e alla prossima. 

Alice Tonini 


Commenti

  1. Bel capitolo sostanzioso questo blog! Io non conosco tutti i film e personaggi da te citati ma voglio aggiungertene uno che a me era piaciuto molto, (come "Sesto senso") :"The others".

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