Tutti in viaggio verso la fondazione di Roma con Enea

Oggi con questo articolo terminiamo gli inviti alla lettura dedicati agli antichi classici. Ho deciso di finire con l'opera di Virgilio, un autore nostrano molto legato al territori mantovano e al museo del Mast di Castel Goffredo. Infatti non tutti sanno che le leggende narrano della sua nascita ad Andes, un piccolo paese nel mantovano mai esattamente identificato. Ci sono fonti che lo identificano con Pietole ma altre sostengono che il poeta sia nato a Castel Goffredo in quanto la sua famiglia aveva dei possedimenti terrieri che gli studiosi sostengono essere stati in quel territorio.


Ma lasciamo da parte le leggende sulla nascita di Virgilio e passiamo direttamente a una delle sue opere più conosciute. 

L'Eneide è un poema latino composto dal nostro Publio Virgilio Marone tra il 29 e il 19 a.C. che narra gli eventi che portarono alla fondazione di Roma ed è antico più di due mila anni. 



Le traduzioni moderne, soprattutto quelle degli ultimi anni, hanno tratto il meglio dal mondo antico e da quello moderno. Hanno spesso note accurate e superbe introduzioni che fanno da guida alla lettura senza essere troppo scolastiche.

Virgilio ha composto i primi sei dei suoi venti libri per rendere omaggio all'Odissea di Ulisse e gli ultimi sei sono un equivalente tributo all'Iliade. L'Eneide si apre con 

Arma virumque cano, Troiae primus ab oris/ Italiam, fato profugus, Laviniaque vent/ ... “Armi canto e l'uomo che primo dai lidi di Troia/ venne in italia fuggiasco/...” 

i principi sono in ordine inverso rispetto alle opere omeriche. Se conoscete entrambi i lavori omerici prima citati troverete uno strato di significato extra in ogni scena ma non fatevi l'idea sbagliata che Virgilio stia copiando le opere omeriche.



Se l'età e la fama di questo lavoro vi intimidiscono, pianificate di iniziare la lettura con il primo, secondo e quarto libro.

Il poema inizia in modo eccitante e spaventoso con l'eroe epico Enea in un momento di difficoltà: sta rischiando di annegare durante una tempesta e pensa che sarebbe stato più onorevole morire in battaglia. Ha lasciato la sua terra natale a seguito del trionfo dei greci nella guerra di Troia. Una visone in un sogno gli ha dato una vaga missione: dovrà fondare una nuova nazione. Ma ora, con la sua barca che affonda e gli uomini che annegano, il senso del destino è lontano. Questo fragile eroe riesce a raggiungere le spiagge di Cartagine dove Didone, regina della città e donna forte, gli offre rifugio.



L'opera si divide ora in due trame. Una racconta con un dettagliato flashback la vittoria dei greci sui troiani grazie allo statagemma del cavallo di Troia, questo rende i troiani complici della distruzione della loro stessa città. La seconda trama racconta il conflitto interno del nostro eroe diviso tra il senso del dovere e un appassionato “affare” amoroso con la regina Didone che è convinta dell'origine mistica del suo rapporto con Enea. Una spintarella dagli dei e Enea (uomo o pedina degli scacchi?) riprende il mare. La regina Didone sale alla sua stessa pira funeraria con il cuore a pezzi (come Cleopatra che si impegnò con un romano) e muore suicidandosi, trapassandosi con la spada di Enea prima di immolarsi nelle fiamme. Il personaggio di Didone diventa immortale, trova spazio nel lavoro di Ettore Berlioz che tra le sue composizioni corali ed orchestrali ha Les Troyens.

Se intendete ora proseguire la lettura procedete con la seconda parte delle avventure di Enea e leggete altri tre libri.




Il sesto con la famosa discesa nell'aldilà, il settimo dove Enea si ritrova in Italia e deve affrontare una battagli con gli indigeni e un altro “affare” con l'iperemotiva Amata, la sua futura suocera e infine l'affascinante libro ottavo che mette le basi della futura Roma. Se siete dei veri virgiliani leggete i restanti libri a vostro piacimento.

Tutti i lettori dovrebbero arrivare alla fine del libro dove Enea uccide Turno il capo guerriero dei nativi italiani che è anche il suo rivale per la mano di Lavinia. Enea che ha sempre scelto il dovere razionale sulla passione, nel finale soccombe all'irrazionale arrivando ad uccidere un uomo che si era arreso.

Ora siete qualificati abbastanza per unirvi al dibattito sul finale ambiguo. Quali reali motivi hanno spinto Virgilio ad un finale del genere? Forse la sua conoscenza con Augusto? L'inevitabilità del destino?

Qualunque fosse il motivo la sua profonda saggezza e conoscenza della perdita e del mondo sono illustrate da un espressione presente nel verso 462 del primo libro: lacrimae rerum (ci sono lacrime nella natura delle cose).

E con questa citazione vi saluto e vi aspetto al prossimo invito alla lettura con  un nuovo argomento. Buona lettura e alla prossima.

Alice Tonini

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